Neuroplasticità
L’assunto che il snc fosse un sistema fisso e immodificabile è stato sconfermato nelle ultime 4 decadi da migliaia di evidenze sperimentali sia su modelli animali che umani. Nel corso degli ultimi 5 anni sono state prodotte circa 3500 pubblicazioni in relazione al termine “Neuroplasticity”, ad onorare uno dei padri delle neuroscienze Santiago Ramon Y Cajal che per primo descrisse modificazioni non patologiche nella struttura del cervello adulto, modificazioni che riassunse con il termine “plasticità neurale”. Attualmente con Il termine Neuroplasticità ci riferiamo all‘abilità del SNC di rispondere a stimolazioni intrinseche o estrinseche riorganizzando la sua struttura, gli aspetti funzionali e le connessioni, modificando il suo substrato neurobiologico. (Cramer S.C., Sur M., Dobkin B.H. et al (2011) Harnessing neuroplasticity for clinical applications. Brain 134:1591–1609) Per “plasticità neurale” non si intendono però esclusivamente cambiamenti morfologici nelle strutture cerebrali, ma alterazioni in network neurali, includendo modificazioni nella connettività, generazione di nuovi neuroni e modificazioni neurochimiche. (Adult Neuroplasticity: More Than 40 Years of Research. Eberhard Fuchs and Gabriele Flügge). L’evidenza delle possibilità neuroplastiche del cervello ha aperto una nuova era nella riabilitazione neurologica, fornendo un substrato concettuale che giustificasse e promuovesse forme nuove di intervento per la cura dei pazienti con danno al sistema nervoso centrale e non. L’evoluzione nell’ambito delle conoscenze neurofisiologiche, della psicologia sperimentale e l’evoluzione delle tecniche di indagine neuroradiologiche sta progressivamente delineando, sebbene ancora in modo embrionale, i rapporti intercorrenti tra cambiamenti del snc e le modificazioni del comportamento nei suoi aspetti motori, cognitivi ed affettivo/emozionali e i contorni della cura più appropriati per ottimizzare i processi di recupero. I modi e le forme dell’ apprendimento motorio (l’espressione comportamentale dei processi biologici di tipo neuroplastico) costituiscono un punto centrale per la conduzione di una buona pratica clinica. Molto genericamente per produrre una modificazione stabile e generalizzabile in contesti variati l’intensità e la variabilità delle proposte terapeutiche costituiscono gli elementi chiave per definire i modi e le forme dell’intervento.
L’idea che il snc avesse capacità intrinseche regenerative mediate dall’esperienza è da sempre di fatto uno degli elementi presenti nel Concetto Bobath sin dai primordi. In assenza della molteplicità di conoscenze attuali l’idea che vi fosse uno spazio di recupero restorativo per la parte “plegica” e che questo avvenisse in virtù di una riorganizzazione globale multisensoriale del corpo ha da sempre accompagnato l’approccio Bobath, pur nei cambiamenti teorici e di prassi dell’intervento avvenuti negli ultimi sessanta anni.
Un numero sempre più crescente di ricerche suggeriscono che le regole che govrnano I meccanismi neuroplstici molto più variabili di quanto ipotizzato in passato. Attualmente si parla di “periodi critici”, inibitori di plasticità, ovvero elementi strutturali e funzionali che promuovono e regolano gli aspetti neuroplastici, quali gli interneuroni gabaergici, di componenti della matrice extracellulare e di sistemi neuromodulatori oltre che dell’importanza di calibrare la quantità e la qualità delle esperienze sensoriali nelle finestre di tempo ottimali, e l’evolversi del concetto di connettività rende sempre più complesso la costruzione di prassi riabilitative coerenti con le conoscenze emergenti dagli studi clinici (Dynamic Brains and the Changing Rules of Neuroplasticity: Implications for Learning and Recovery, Patrice Voss, Maryse E. Thomas, J. Miguel Cisneros-Franco and Étienne de Villers-Sidani).
Un danno cerebrale porta a modificazioni in tessuti neuronali e non che alterano i processi di apprendimento. Inoltre la perdita di tessuto nell’area lesionale (Principles of Experience-Dependent Neural Plasticity: Implications for Rehabilitation After Brain Damage, Kleim J.A, Jones T., A.) porta a modificazioni neurodegenerative e neuroplastiche in regioni non solo anatomicamente ma anche funzionalmente connesse. Tali alterazioni funzionali della connettività cerebrale rientrano nel concetto di diaschisi. Originariamente il termine diaschisi fu coniato da Von Monakov nel 1914 per descrivere cambiamenti neurofisiologici in aree distanti dalla lesione focale. Negli ultimi anni questo concetto ha assunto grande rilevanza clinica nel tentativo di comprendere segni e sintomi clinici non completamente giustificabili dalla sede originaria della lesione. La diaschisi è definita come una modificazione neurofisiologica in aree distanti dalla sede di lesione focale, che non si limita ad alterazioni metaboliche o elettrofisiologiche ma riguarda anche modificazioni della forza di connessioni sinaptiche e degli stati eccitatori di base dei network cerebrali. Attualmente questo pattern di connessioni cerebrali viene definito “connettoma”, ovvero l’intero diagramma di cablaggio delle connessioni cerebrali che include i neuroni e tutti gli assoni pre e post sinaptici, nonché le terminazioni dendritiche e le strutture sinaptiche tra di essi. Durante le esperienze di apprendimento si assiste ad un ricablaggio dei circuiti, ovvero si assiste ad una modificazione dell’architettura dei circuiti neurali con la creazione di nuovi circuiti all’interno della mappa neurale. Il concetto di connettoma chiarisce come l’impatto una lesione focale possa avere un effetto sull’intera architettura dei network funzionali cerebrali. Queste modificazioni remote nel connettoma possono giustificare la complessità dei deficit cognitivi, affettivi e motori residuali (Diaschisis: past, present, future. Emmanuel Carrera and Giulio Tononi) (Rewiring the connectome: Evidence and effects. Sophie H. Bennett, Alastair J. Kirby, Gerald T. Finetry). L’analisi molto specifica durante la fase di ragionamento clinico sostenuto dal Concetto Bobath mira quindi a cogliere le alterazioni cliniche senso-motorie diffuse e che non riguardano esclusivamente il lato contro-lesionale, ma l’integrazione e l’organizzazione del controllo motorio dell’intero sistema corpo che agisce nel mondo.
Le esperienze nel period post-lesionale sono dei potenti modulatori per il recupero delle funzioni. Non sorprende dunque come le possibilità di recupero o di apprendimento vengano drasticamente alterate quando sono coinvolti processi rigenerativi o degenerativi in risposta all’evento acuto che alterano cronicamente la neurobiologia e la neurochimica cerebrale. Questi effetti devono essere conosciuti al fine di tradurre le regole dell‘apprendimento motorio in individui con lesione al sistema nervoso centrale, anche a distanza di tempo dall’evento acuto, rispettando le finestre di tempo ottimali, l’intensità e la qualità delle esperienze riabilitative. Comprendere i comportamenti adattativi in risposta ad un danno del snc richiede la comprensione dell’interazione tra le possibilità biomeccaniche del corpo, l’ambiente e i continui feedback tra il snc, il corpo e l’ambiente. (Neurorehabilitation: applied neuroplasticity. Fary Khan, Bhasker Amatya, Mary P. Galea, Roman Gonzenbach, Jurg Kesselring 2016).
Il Concetto Bobath sottolinea la necessità di intervenire modificando il sistema di relazioni attraverso un intervento condotto dinamicamente sia a livello di impairment, attività e partecipazione secondo il modello dell’ICF e con un obiettivo restorativo prima ancora che compensativo.
All’interno del modello di pratica clinica sostenuto dal Concetto Bobath si sottolinea quindi l’importanza di un training intensive/senso-motorio attraverso esperienze motorie significative e dotate di senso con attenzione alla qualità del movimento selettivo nella sua interazione con gli elementi del controllo posturale, alle alterazioni neuromuscolari e biomeccaniche sottese per produrre cambiamenti neuroplastici stabili e generalizzabili. Un aspetto chiave risulta essere come la qualità del gesto motorio rifletta le strategie di adattamento neuroplastico. Questo aspetto rappresenta un elemento di unicità dell’approccio Bobath rispetto agli altri approcci task-oriented.
Nel Concetto Bobath, I fenomeni neuroplstici/apprendimento motorio vengono identificati come proprietà emergente all’interno del sistema di rimandi tra il sistema individuo-compito-ambiente.
Bibliografia